Bert Monroy è un pioniere. Pioniere del disegno digitale, Pioniere di Photoshop in particolare. Addirittura può essere annoverato tra le prime 7/8 persone ad averlo utilizzato e il primo ad avere scritto una monografia sul programma. Photoshop lo fece presumibilmente girare sul Mac acquistato nel 1984, che venerava al punto tale da fondare una compagnia -chiamata HumanForms- con il solo scopo di pubblicare clipart. Essa forniva i mezzi per ottenere risultati credibili e ottimali anche a persone prive di doti artistiche.
Essendo uno dei primi illustratori ad usare Macpaint, ha lavorato molto per le riviste Mac e ha disegnato sfondi per il primo fumetto realizzato interamente a computer, Shatter -pubblicato in 14 numeri dall’85 all’88.

Shatter
Fino alla fine del 1970 ai primi anni 1980 il fumetto computer generated viene realizzato con tecniche tradizionali di text e line-printing, arte ascii e semigrafiche. Shatter invece è stato disegnato su un Macintosh Plus originale in MacPaint e successivamente con FullPaint. Fu un processo lungo e costellato di intoppi, a partire dai limiti di spazio consentiti all’epoca dal Mac. Inoltre, metà dei numeri usciti vennero disegnati con infinita pazienza a mouse, prima che venissero inventate le tavolette grafiche!

Reflection

Come la maggior parte dei suoi lavori, questo incredibile pezzo di MacPaint art, chiamato Reflection, -il nome del file originale recitava REFLECTION.MAC- venne realizzato da Monroy nel 1986. Tra i suoi lavori meglio riusciti, si può apprezzare al massimo l’abilità di Monroy zoomando l’immagine fino a poter osservare i pixel uno per uno. Ebbene sì, non si tratta di un file in scala di grigio, bensì di un gioco di bianchi e neri sapientemente posizionati. Le distorsioni visibili a immagine ridotta sono causate dall’effetto moiré, interferenza che distorce la percezione di pattern complessi.

HumanForms
Monroy, assieme ai suoi collaboratori presso la Reference Corporation, produsse HumanForms, clipart specializzata che permetteva agli utenti di creare velocemente corpi umani realistici che potessero assumere qualunque posizione e torsione. Con HumanForms era possibile impostare l’angolo desiderato per braccia, gambe, piedi mani e testa, fornendo al pubblico un mezzo adeguato per il disegno anatomico accurato. Non a caso essi diventò popolare negli ospedali e tra il personale medico.

Can you hear me, Bert Monroy?
Monroy era affascinato dal cosmo, dallo spazio infinito e imperscrutabile che poco a poco l’uomo tentava di conoscere, appropriandosi dei suoi segreti. D’altronde era un ragazzino quando un suo conterraneo mise piede sulla luna: come lui un’intera generazione fu segnata profondamente dall’evento.
Questa dimensione sconosciuta entra quindi con irruenza nella sua produzione, impossessandosene quasi. Stelle, galassie e, soprattutto, sterminati veli neri “costellano” i suoi lavori. Neri intensi, a cui rivolge domande.
Perché Monroy non si limita a riprodurre l’universo e ciò che lo compone: lo indaga. Scacchiere prospettiche fanno da piattaforme volanti a gruppi ripetitivi di solidi. Coni, cilindri e sfere di diversi materiali come esseri di un altro mondo abitano queste piattaforme in giro per lo spazio, restituendo la stessa inquietudine metafisica delle piazze desolate di De Chirico.

Questi elementi tornano anche in quello che è probabilmente il suo capolavoro, Further out there. Lontano laggiù, lo struggente titolo condensa tutti i sospiri che da sempre l’uomo rivolge verso l’alto, l’ignoto. La sfacciata citazione a 2001: Odissea nello spazio e del suo iconico monolito nero rafforzano il concetto di un mistero irrisolto che nelle diverse ere geologiche si ripropone, ponendo di volta in volta nuove sfide all’essere umano.
L’avvenuto cambio di era, segnalato dal monolito alieno, in questo caso è l’avvento dell’era tecnologica, di cui Monroy è certamente uno dei primi, brillanti, visionari.


Link utili_
Bert Monroy, Photoshop Studio_ https://www.amazon.it/Photoshop-Studio-Bert-Monroy/dp/0735712468